I giorni della peste. Le cinquantacinque parole di Ilaria Guidantoni

by Therry Vissol*, European, exclusive for The diagonales

In fondo, come si dice in francese “à quelque chose malheur est bon” (che in italiano si potrebbe tradurre: “Non tutti i mali vengono per nuocere”. Il male del Covid e dei 55 giorni di confinamento, appunto, sarà al meno servito alla scrittrice e giornalista, Ilaria Guidantoni, per proporci un divertimento poetico-filosofico.
Ci propone un libro composto di 55 parole e immagini: per ogni giorno di confinamento l’immagine di un’opera d’arte dialoga con il testo della narratrice. Ognuna risulta di un lavoro collettivo, cioè di un dialogo tra l’autore e i suoi amici artisti. Foto-parole – secondo uno di loro, il fotografo Mario Guerra -, che raccontano la città e il mondo dentro lo spazio domestico. Istantanee di circa mille caratteri.
Sono opere destinate a scongiurare il sentimento di smarrimento provocato dalla crisi sanitaria e dalle misure di distacco sociale, ovvero di quasi arresti domiciliari. La visione corale proposta è arricchita dalla personalità degli autori, quasi tutti abituati a vivere più culture sia in Europa sia su l’altra sponda del Mediterraneo, rendendo ancora più duro l’impossibilità di comunicazione fisica tra i loro mondi e frenetico il rifugio negli social networks per scapare allo sbriciolamento delle vite. Nessuno meglio della curatrice del libro può descrivere la filosofia di questo libro intrigante, originale e di una grande sensibilità emotiva ed artistica con un tocco di ironia. (ThV)

Rome September 19, 2017. Ilaria Guidantoni, journalist and writer, photographed in Rome. Photo: RINO BIANCHI

Scrive Ilaria Guidantoni:

“Dopo l’annuncio del confinamento che ho appreso a Milano, la proclamazione dello stato di emergenza, ho temuto un attacco di panico, la paura della follia e, naturalmente, del contagio. Di ritorno nella mia città, Firenze, si è impossessato di me un senso di smarrimento che mi ha paralizzata da un lato e mi ha gettata, dall’altro, in un’attività frenetica per dare un senso all’enigma dei giorni. Cinquantacinque giorni di confinamento, cinquantacinque parole e immagini anzi cinquantasei per ché il primo è la presa di coscienza di un universo surreale che sembrava preso dalla letteratura fantascientifica o di fantapolitica. Era la smaterializzazione, lo sbriciolarsi di una vita che diventava digitale per sopravvivere, cercando di resistere e non diventare semplicemente virtuale. L’idea è nata da un’iniziativa presentata su “Il Giorno on line” quotidianamente, alla quale ho partecipato, suggerita dall’amico, drammaturgo e regista, Massimiliano Finazzer Flory. Non pensavo certo di scrivere qualcosa su questa prigionia alla quale non volevo neppure dare un nome. Ne è nato spontaneamente un lavoro collettivo di dialogo con gli amici artisti, molti divisi tra due culture e due paesi e come me spesso per questo lontano dai propri affetti: da Parigi alla Tunisia, attraversando più o meno tutta l’Italia. La scommessa giocosa era di raccontare un’emozione, un vissuto attraverso il mio angolo di cielo, dalla scrivania dove scrivo, sulla città, in circa mille battute.

“La bellezza forse non salva ma consola e nutre, bellezza intesa come armonia che nell’arte può diventare anche disarmonica, eppure fonte di attrazione. Non sono immagini che illustrano i miei testi come le mie parole non sono didascalie alle opere: l’associazione è un’evocazione frutto incontro spesso deciso con gli autori, a volte suggerita dal loro titolo; talora convergente, in altri casi divergente ed è un gioco aperto che ognuno può riscrivere a suo modo. Sicuramente l’emozione si intreccia alla forza della parola che ha un peso storico, filologico perché mai come nella solitudine la parola si fa carne, diventa un’arma e un alleato, come il pane che evoca la parola compagno, dal latino cum panem, segno di un’intimità condivisa e quotidiana, legata simbolicamente alla vita, bene indispensabile come suggello spirituale del calore domestico, una delle poche attività garantite durante l’emergenza che ho legato all’opera dell’artista libanese, naturalizzato milanese, Ali Hassoun, Untitled, raffigurante delle donne africane che cucinano insieme con i loro bambini in una dimensione di coralità e affettività.
“Le parole sono state suggerite quasi tutte e oggi penso a quelle che mancano perché il confinamento non è realmente finito, non dentro di me, e penso che soprattutto manchi la nostalgia, la ferita e il sogno o meglio la speranza che si è affievolita”.

I giorni della peste 2.0” si può acquisire, al prezzo di € 3,99 sotto formato eBook, epub o pdf, sul sito: www.oltre.it
Una parte del ricavato sarà devoluto all’Ospedale Pediatrico Meyer di Firenze.


*Thierry Vissol, European with French origins, economist, historian and columnist, is Director of the Center “Librexpression”- Foundation Giuseppe Di Vagno (LIBEX) a Euro-Mediterranean Centre for the promotion of freedom of expression and political satire. He holds a Doctorate in Macroeconomics and a Technology University Diploma in Mechanics. Former EU Commission official, he contributed to the European Monetary Union preparation (1980-2002), and to its audiovisual strategy (2003-2016). He pursued his activity, started in 1975, of lecturer in Economics, History of Economic Thought and Social Philosophy, in various universities in France, Belgium and USA. Author of numerous scientific papers and books. Last book published: “Europa matrigna, Sovranità, identita, economie” Donzelli, 2019. He is Knight of the French Republic «Légion d’Honneur».