MES – BTP FUTURA &
i danni della pessima comunicazione
by Danilo Battistelli, exclusive for The diagonales
L’ “uomo comune” utilizza nel linguaggio quotidiano non più di 2.000 parole. Il dizionario di una lingua contiene invece almeno 100.000 lemmi. Narratori e Romanzieri, oltre ad essere artisti, sono anche conoscitori profondi del lessico. La “parola” è il loro strumento di lavoro. Più o meno consciamente sono esperti di lessicologia cioè dell’uso delle parole con cui narrano le loro storie, arricchite delle emozioni e dei sentimenti che ne fanno, spesso, un’opera d’arte.
Anche i giornalisti della carta stampata o dei TG, della Radio e della Televisione, sono esperti di lessicologia.
Gli scienziati, i tecnici e in generale gli esperti di una disciplina, devono ricorrere non solo al lessico ma anche e soprattutto alla terminologia per descrivere un nuovo prodotto o un concetto in modo sintetico e preciso.
Si pensi, a chi come me è un appassionato di bridge, a termini come cue-bid o surlicita, oppure a Ace (nel tennis), Dribbling (nel calcio), Wi-Fi (in internet), etc.
A volte la terminologia di una disciplina rimane di difficile comprensione e lo scrittore deve affidarsi ad una glossa, cioè ad una annotazione che chiarisca al lettore, in modo sintetico, il significato di uno specifico termine.
La glossa in antichità consisteva in un breve commento chiarificatore a fianco del termine da interpretare.
Nel medioevo si sviluppò addirittura la figura del glossatore cioè di colui che studiava i termini complessi soprattutto dei testi biblici e giuridici e forniva una chiosa sintetica esplicativa.
L’insieme delle glosse di una disciplina o di un dominio diventa glossario.
La globalizzazione dell’economia, della finanza e lo sviluppo di organismi sovranazionali hanno prodotto un numero crescente di leggi, norme e regolamenti.
La stampa, la radio, la televisione e internet coniano quotidianamente nuovi termini.
Lo spazio per le glosse e il bisogno di glossatori è immenso.
I termini di ogni disciplina dovrebbero essere però usati in tutte le circostanze in modo sempre univoco per comunicare correttamente il significato per cui sono stati inventati.
Un uso appropriato della terminologia consente di rendere comprensibili concetti complessi a una vasta platea di fruitori e facilitare la comunicazione e la conoscenza.
Purtroppo spesso si sbiadiscono i confini della terminologia e del lessico comune. Quando questo accade il rischio di creare disinformazione è alto e concreto.
È quello che è accaduto in queste ultime settimane quando tutti i media, nessuno escluso, ha descritto la diatriba sull’opportunità o meno di utilizzare i 36 miliardi messi a disposizione dal MES (attivo dal luglio 2012) per la spesa sanitaria.
Ognuno ha portato le sue motivazioni pro o contro, ma non ho mai letto o ascoltato una spiegazione esauriente su cos’è effettivamente il MES.
Eppure è scritto a chiare lettere nell’art. 1 dell’Atto Costituivo: Con il presente trattato le parti contraenti istituiscono tra loro un’istituzione finanziaria internazionale denominata il “meccanismo europeo di stabilità” (“MES”).
Dunque il MES è una “Istituzione finanziaria” con un capitale sottoscritto di € 704.798,7 milioni di Euro (art 8).
Anche il suo obiettivo è chiarissimo: fornire un sostegno alla stabilità, secondo condizioni rigorose commisurate allo strumento di assistenza finanziaria scelto, a beneficio dei membri del MES che già si trovino o rischino di trovarsi in gravi problemi finanziari, se indispensabile per salvaguardare la stabilità finanziaria della zona euro nel suo complesso e quella dei suoi Stati membri. (art 3)
Per non lasciare alcun dubbio sui princìpi di funzionamento del MES, nell’Atto Costitutivo si legge inoltre all’art 12: Ove indispensabile per salvaguardare la stabilità finanziaria della zona euro nel suo complesso e dei suoi Stati membri, il MES può fornire a un proprio membro un sostegno alla stabilità, sulla base di condizioni rigorose commisurate allo strumento di assistenza finanziaria scelto. Tali condizioni possono spaziare da un programma di correzioni macroeconomiche al rispetto costante di condizioni di ammissibilità predefinite”. (il carattere in grassetto è una mia iniziativa).
Appare del tutto evidente che il MES non si prefigge di salvare uno Stato che si trova o rischia di trovarsi in gravi problemi finanziari. Il salvataggio attiene, nei fatti, alla conferma della irreversibilità dell’Euro consentendo al Paese in difficoltà di continuare a farne parte.
Direi invece che nei casi più gravi, il MES addirittura sancisce la bancarotta del Paese richiedente aiuto (intervento in Grecia per 202,3 miliardi).
È qui opportuna una breve incursione sulle modalità con cui uno Stato Membro dell’Euro può gestire la sua incapacità ad onorare le proprie obbligazioni verso i suoi creditori che sono, a titolo esemplificativo ma non esaustivo: i suoi dipendenti pubblici, i pensionati, le strutture pubbliche sanitarie, i trasporti pubblici, i fornitori privati di beni e servizi, i detentori – domestici e internazionali – dei Titoli di Stato emessi, etc.
La prima modalità consiste nell’ abbandonare la Moneta Unica, tornare ad emettere moneta nazionale, andare incontro ad una svalutazione selvaggia e a un’inflazione di tipo sud americano.
Nella migliore delle ipotesi tutti i debiti sono onorati, ma soltanto grazie ad una “illusione monetaria”, perché più lontana è la data del pagamento minore sarà il valore reale del credito incassato.
In altre parole la riduzione dei salari e degli stipendi e la ristrutturazione del debito appare evitata soltanto grazie ad una illusione monetaria, ma in realtà sarà pesantissima in termini reali e di potere d’acquisto. Un Titolo decennale con un’inflazione al 10% annuo sarà rimborsato a scadenza con una… scatolina di coriandoli!
La seconda modalità è opposta alla prima. Il Paese insolvente rimane nell’Euro e le rigorose modalità, “commisurate allo strumento di assistenza finanziario scelto …e… rispetto costante di condizioni di ammissibilità predefinite.(art. 12) si esprimono immediatamente in tutta evidenza, senza il trucco dell’illusione monetaria: taglio della spesa pubblica, delle pensioni, riduzione dei dipendenti pubblici e ristrutturazione del debito in varie modalità (taglio del valore nominale, allungamento delle scadenze, riduzione dell’importo delle cedole, etc).
Inflazione e illusione monetaria in contrapposizione a deflazione dei prezzi e dei salari.
Nel primo caso non si intravede la salvezza. Si instaura una spirale viziosa durevole e difficile da invertire (Argentina). Nel secondo caso è legittimo attendersi invece l’avvio di un circolo virtuoso che stimoli la ripresa dopo il risanamento, come è accaduto a Cipro (intervento per 6,3 miliardi), Irlanda (17,7 miliardi), Portogallo (26 miliardi), Spagna (41.3 miliardi) e alla stessa Grecia (202,3 miliardi).
A questo punto abbiamo preso atto che il MES non è un “Fondo” né ha come obiettivo primario di “salvare uno Stato” dalla bancarotta.
Il glossatore che ha pensato di chiarire cos’è e cosa fa il MES con la glossa “Fondo salva-Stati” ha dunque preso un clamoroso abbaglio.
Possiamo però dargli atto che ha saputo comunicare con dura chiarezza che il ricorso al Fondo salva-Stati può denunciare uno stato di (pre)insolvenza del Paese che richiede assistenza finanziaria.
Purtroppo il termine Fondo salva-Stati è diventato parte integrante del lessico comune con grave colpa di gran parte dei professionisti della comunicazione.
Anche i giornalisti e le principali testate (il Sole 24 Ore, il Corriere della Sera, la Stampa, etc.,) si riferiscono indifferentemente al MES o al Fondo salva-Stati, quando sferzano il governo ad utilizzare la linea di credito messa a disposizione con l’unica condizionalità di destinare la spesa alla sanità colpita dal Covid-19. (Per inciso basta qui ricordare ai detrattori che il sostegno richiesto avverrà secondo condizioni rigorose commisurate allo strumento di assistenza finanziaria scelto e al rispetto di condizioni di ammissibilità predefinite, quindi al rispetto dell’unica condizionalità che è la destinazione del finanziamento alla spesa sanitaria!).
Persino il Servizio Studi del Senato nel documento n 187 del novembre 2019, destinato ai parlamentari a supporto della discussione su La riforma del Trattato istitutivo del Meccanismo europeo di stabilità ha avvertito il “bisogno” di specificare (per i parlamentari che non lo conoscessero) che gli Stati membri della zona euro hanno avviato un meccanismo di stabilità europeo in seguito diventato noto come fondo “salva-Stati” (par 1.4 pag. 11).
Per amor di patria, ho atteso la fine del periodo di collocamento dei BTP Futura, prima di pubblicare i miei commenti.
Con questa pessima e superficiale comunicazione – che non sa distinguere la terminologia dal lessico corrente – che genera sempre e comunque anche da parte dei più ottimisti, un’ansia di sfiducia per una imminente bancarotta dello Stato, come si può chiedere ai privati cittadini di sottoscrivere i BTP Futura decennali?
Il tanto bistrattato risparmiatore italiano, dipinto come un analfabeta finanziario, si è ben guardato dall’abboccare ai presunti premi (tassi minimi garantiti e premio fedeltà).
Soltanto 174.318 patrioti hanno sacrificato 6,13 miliardi di euro dei propri risparmi. C’è però una possibilità (mentre scrivo sono le h. 14.00 di sabato 11 luglio): che gli investitori istituzionali domestici e stranieri, esclusi in sottoscrizione, possano invece essere interessati alla struttura cedolare del BTP Futura e offrire subito un prezzo interessante sul MOT. Ma sarebbe fallito l’obiettivo di “far ricomprare” il debito pubblico ai risparmiatori italiani che si ostinano a tenere sui conti correnti 1.400 miliardi di euro.
Appare oggi ancora più evidente che è scaduto il tempo del cherry-picking (glossa = scelta selettiva!) tra le risorse messe a disposizione dall’Europa. Servono tutte…nessuna esclusa.
Altrimenti tornerà ad aleggiare la Notificazione del 12 maggio 1856 a firma di Pietro Lasagni, Prelato Domestico di S.S. Papa PIO IX:
“Procrastinare ancora a piegarsi alla volontà della legge è un richiamare sopra di sé conseguenze spiacevoli, delle quali i contribuenti non avranno poi ad incolparne che la loro ostinata renitenza”.
La soluzione?
Perdurando l’ostinata renitenza sia a non dirottare buona parte dei risparmi dai conti correnti ai BTP Italia o Futura, sia al rifiuto dell’utilizzo del Fondo salva Stati, pardon (sic!) della linea di credito messa a disposizione dal MES, servirà una buona dose di…patrimoniale.
Danilo Battistelli, Italiano, è nato a Gubbio nel 1948. Si è laureato nel 1972 a Siena (cum Laude) in Economia, con una Tesi sull’Unificazione Monetaria Europea.
Ha svolto la sua attività professionale nell’area finanza in Italia, in collegamento costante con Parigi, Bruxelles, Londra e Francoforte. Dopo essere stato Direttore Generale di CC&G SPA, facente parte del Gruppo Borsa Italiana e dal 2007 del London Stock Exchange Group, ha terminato la sua carriera a Francoforte presso la Banca Centrale Europea.
Oggi si dedica al suo hobby principale, il Bridge, a cui ha dedicato anche due libri di successo.
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.