La morte che dà senso alla vita

by Claudia Sbarra, Italian, exclusive for The diagonales –

La morte che dà senso alla vita. Se ci pensiamo un attimo suona plausibile. Finché si vive non si ha la percezione di farlo, lo si dà per scontato.
Le nostre imprese, i nostri sacrifici, i nostri meriti, le nostre buone o cattive azioni sono più o meno apprezzabili e ci connotano agli occhi del mondo che ci guarda, ci valuta, ci giudica, ci apprezza o ci critica. È normale che sia così. Arriva poi il giorno della dipartita e quella persona improvvisamente la si vede sotto un’altra luce. Se ne ha una percezione diversa, non è più a portata di mano.
Devi abituarti alla sua assenza, a stare senza di lei, non importa che ci sia stato uno stretto rapporto di parentela o una forte amicizia, la sostanza è che non la riavrai più accanto e fatalmente la cosa ti farà soffrire. È qui che la morte mette in luce la vita e te la fa vedere in tutto il suo fulgore.

Quella persona a te così cara e preziosa, quando ti viene sottratta, acquista un valore ancora più alto, cominci a realizzare che la sua presenza ti mancherà e che non potrà essere rimpiazzata. Iniziano a venire a galla i ricordi dei momenti felici condivisi insieme, poi di quelli tristi dove il suo conforto e il suo sostegno erano per te di grande sollievo.

Senti che avresti voluto condividere con lei ancora molto e che non ti sembra possibile non averla raggiungibile al telefono o disponibile per quel viaggio, per quella cena, quella passeggiata o per quella partita a carte.

Ritengo che perdere le persone care che la vita ci mette accanto sia lo strazio supremo a cui la vita stessa ci sottopone. Quando vieni al mondo sai già che dovrai morire, c’è di buono che tendiamo a dimenticarcene ma in un retropensiero questa consapevolezza è lì presente.

Io credo fortissimamente nella vita dopo la morte, credo anche che la vera vita ci verrà data solo dopo aver lasciato questo mondo. Sono convinta di questo non solo perché sono una cattolica praticante, lo sarei comunque anche se non lo fossi e ti spiego perché. La logica di questo mio convincimento sta nel fatto che sono un’infinità le persone che transitano su questo mondo per un breve tempo e hanno un’esistenza grama e penosa, hanno conosciuto gli stenti, le malattie, le guerre, le violenze sulla propria pelle.

Ora io mi chiedo come sia possibile che queste persone non abbiano un’altra opportunità di vita altrove? Noi siamo fatti di carne ma anche di spirito, possediamo un’anima e quest’anima va oltre la corruttibilità della carne. So che molti
possono arricciare il naso o storcere la bocca ma credo che sia data a tutti un’opportunità di una nuova vita terminata quella terrena perché la nostra anima, l’essenza di noi, ha la meglio sulla morte del corpo.

È importante prendersi cura dell’anima così come siamo avvezzi fare con il corpo. Il movimento fisico lo definisce e lo potenzia la meditazione solleva lo spirito e lo innalza. Che si creda o no, che si abbracci una religione piuttosto che un’altra, che si preghi o meno, la meditazione ti restituisce ad un’intimità con te stesso che può riservarti grandi sorprese e un appagamento interiore perché il tuo spirito imparerà ad andare oltre il corpo e a superare le barriere spazio-temporali.

Ci sarà una nuova vita ad attenderci altrove ed altri momenti di condivisione nella misura in cui sapremo
prenderci cura del nostro io più intimo, scrigno prezioso nel quale custodire i segreti per accedere alla nuova vita nell’aldilà.

La morte rimane solo un canto mesto di esaltazione della vita che avrà la sua rivalsa e la sua massima espressione in un nuovo regno.


Claudia Sbarra è nata a Roma dove tuttora vive. Ha conseguito una laurea in Lettere moderne (indirizzo antropologico) e a seguire un diploma di laurea in Riabilitazione motoria. Nel 2017 è stata pubblicata la sua prima opera A BASSA VOCE, nel 2019 IN CONFIDENZA, a breve ne uscirà una terza. Le piace indagare sui dubbi e le fragilità delle persone.