Francesco Barilaro was born in Catanzaro, Calabria (Italy) on 28/07/1990. He currently lives in Cotronei where he works. In 2017 he graduated in sculpture at the Academy of Fine Arts in Catanzaro. He has taken part in numerous exhibitions in Italy and abroad.
Among them:
2020, “Gli accordi dell’amore“, Villa d’arte Loveye Tian Tai tintao, China;
2019, “M. C. Escher la Calabria, il mito”; Complesso monumentale del San Giovanni di Catanzaro;
2019, “Fiarte x Ediciòn“, Granada Esposizione internazionale, “Centro Municipal de Cultura Churriana de la Vega Granada”;
2019, “Contemporanea, artisti di oggi”, Galleria Lombardi, Rome;
2019, “Materia” Museo MARCA di Catanzaro;
2019 “I’m nature and you?” Matera European Capital of Culture;
2018, “Extemporanea h24”, Lombardi Gallery, La nica Gallery, Palermo;
2018, “Luoghi impossibili”, MUSMI Museo storico militare di Catanzaro;
2016, “Forma e senso”, Accademia di Xi’an, China.
Text extracted from: ”Nota critica di Paolo Aita”:
“Francesco Barilaro’s artistic language thus comes to question itself on primordial questions, which concern the foundation of our finding ourselves in the world, and the position we occupy with respect to it. We are thus faced with a research on the primary of our existence, and this loads these works with an arcane and ancestral flavor. We are faced with a search that wants to draw on and probe the foundations of our being in the world, and therefore naturally, spontaneously finds the symbols and foundations of being. Even the laws of composition seem to obey these parameters, so these works carry within themselves an organization in which the circle and the square are often glimpsed. They are also the minimum elements of living, therefore one can glimpse a project of geographic and existential consistency and permanence in these works. With these we are, in short, faced with an attempt to unite eternally and presently in an area of such intensity that contemporary research can be fully reflected in them”.
Francesco Barilaro. Concettualismo
carico di rimandi simbolici
Taken from the critical texts of the exhibition: “Impossible Places – Luoghi impossibili”, 2018
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by Mario Verre
L’esperienza artistica di Francesco Barilaro si sviluppa lungo una linea di assoluta coerenza, fondata su un percorso di studio rigoroso e su una costante meditazione dei propri raggiungimenti. Le recenti sculture incentrate sul tema del corpo umano evidenziano una cifra espressiva costituita dalla armonica convivenza di istanze intrise di iconografie antiche con spunti provenienti dalla contemporaneità. Queste figure guardano con interesse al mondo della scultura greca del periodo classico non però per la ripresa del rigoroso equilibrio delle kore o dei Kouroi arcaici, in cui il moto dei personaggi era ottenuto da leggeri spostamenti dell’asse di simmetria e/o da diverse modulazioni delle superfici, ma per la gravitazione della figura appunto su un punto d’appoggio così da porre il pondus, cioè il peso delle parti del corpo, su un’unica base. Attraverso l’utilizzo della resina Barilaro rende squamate e scagliose le superfici, apparentemente attraversate dal tempo, che evocano opere antiche.
Le opere di Barilaro si inquadrano nell’alveo di un concettualismo con ampi rimandi alla sfera simbolica. Detto in altri termini, un significato altro trascende la mera immagine proposta. In alcuni quadri l’artista sembra proporre una sorta di rebus da decifrare. Nel Letto, progettato appositamente nel 2018 per la sezione Arte del festival del design Materia, la funzionalità del l’oggetto viene irrimediabilmente compromessa così come quella del cuscino, pesantissimo e difficile da muovere, mentre le barre laterali blu lo proiettano idealmente in una dimensione metafisica. In una cospicua serie di opere Francesco Barilaro usa ripetutamente l’immagine della mela: a volte come elemento strutturale e compositivo, in altri casi per misurare la capacità di spazio del campo visivo oppure come puro simbolo sottintendente la presenza umana ad “abitare” un’ipotetica architettura o la sagoma di un rudere. L’artista utilizza quindi l’immagine della mela con scopi precisi e sempre mutevoli: in un caso si spinge al punto di istituire una sorta di dialogo tra esse, come a proporne paradossalmente una “sacra conversazione” in cui la forma di trittico e il colore blu, componenti strutturali di plurisecolari produzioni artistiche di committenza religiosa, spingono il senso della composizione da una banale materialità ad una spiritualità molto intellettuale.
Il ciclo “Seno di Siria”, che già dal titolo evidenzia l’intenzione di indagare la parte più intima di una nutrita sequela di paesaggi urbani, evoca nella mente dello spettatore le immagini, provenienti dagli organi d’informazione, di città bombardate e distrutte dalla furia inarrestabile della guerra.
Francesco Barilaro, pescando dall’inesauribile serbatoio iconografico offerto da Internet, propone dei quadri costruiti con ritagli fotografici recenti, prelevati da Google maps, di città siriane bersagliate dai missili; ogni singolo fotogramma in bianco e nero viene lavorato al punto da apparire allo stato di texture e successivamente impreziosito mediante l’apposizione di cadenzate linee di colore che fuoriescono dall’immagine e si stagliano a contorni ben marcati fino quasi a lambire lo spazio della cornice, riprendendo gli esiti visivi delle pitture negative – positive di Bruno Munari.
Questo raffinato intreccio di linee eleganti ed essenziali riflette un impianto estetico ponderato, controllato, accuratamente programmato che fa da contraltare all’estetica della distruzione incarnata dalle vedute urbane tormentate dai conflitti militari; una mesta archeologia contemporanea viene inghirlandata da rielaborazioni di stilemi di Piet Mondrian.
Francesco Barilaro affronta il tema bellico anche in Orizzonti di guerra: il paesaggio, devastato da interventi militari, è interamente immerso in una fosca atmosfera, l’orizzonte è basso, il cielo plumbeo; ci sono delle strutture quasi segniche che si collegano agli studi, compiuti dall’artista, sul concetto di identità e rappresentano al contempo i ruderi generati dalle guerre odierne.
Barilaro stimola la capacità immaginativa dello spettatore proponendo delle immagini incentrate su “non luoghi”, cioè su luoghi impossibili da abitare, impraticabili in cui compaiono case che non presentano finestre o sprovviste di pavimento ecc …; tali abitazioni non sono immerse nella natura ma hanno come sfondo artificiali cieli neri; il risultato che ne deriva sono “non paesaggi”, quasi contraltari ai Tappeti natura, floride visioni di lussureggianti frammenti di natura di Piero Gilardi.
Un’altra immagine che ricorre con una certa regolarità nei lavori di Francesco Barilaro è quella del ramo annerito, privo di vita, ricollegabile ai paesaggi umiliati e offesi dalla barbarica azione dell’uomo, responsabile spesso di incendi che di anno in anno bruciano immense aree di macchia mediterranea. È anche questo il paesaggio su cui l’artista posa lo sguardo.
L’artista è fortemente legato ai colori nero e blu. Il primo, nonostante sia largamente usato in molti settori e in particolar modo nell’abbigliamento sia spesso associato all’eleganza, conosce un ricorso non particolarmente frequente nel campo dell’arte. Il nostro lo utilizza in chiave metafisica per campire i cieli innaturali e artificiali dei suoi paesaggi e per “colorare” i rami secchi che a volte sviluppa attorno a strutture in ferro, evocative di certe vedute in cui gli accade di scorgere elementi naturali sovrastanti i ruderi del passato e quelli prodotti dalla contemporaneità. Anche il blu esercita un notevole fascino su Barilaro.
Questo colore da sempre suggestiona gli artisti: sin dalle tavole medievali che balzano agli occhi per gli splendidi blu utilizzati nei manti della Vergine fino al Novecento inoltrato in cui tale colore è stato oggetto delle sperimentazioni del francese Yves Klein, precursore della Body Art e originale interprete del Nouveau Réalisme. Ma il blu che cattura maggiormente l’interesse dell’artista è quello che Giotto ci permette di ammirare nelle volte celesti delle Storie di San Francesco (1290-1296) nella basilica superiore ad Assisi così come in quelle della cappella degli Scrovegni (1304-1310) a Padova. Per Francesco Barilaro il blu è legato all’immagine del cielo e questo lo spinge a dipingere di questo colore tutti gli elementi che fuoriescono dallo spazio fisico dell’opera.
Altri aspetti caratterizzano i lavori dell’artista: in certe sculture alcuni elementi naturali vengono ridotti a mere forme geometriche, come nel caso di Onda in cui su un grande cerchio (qui è forte la citazione dell’iconografia di Mauro Staccioli) è adagiata una barchetta la cui presenza spinge l’osservatore ad associare per via intuitiva il cerchio al mare. Barilaro in questo caso utilizza una forma geometrica come segno che allude ad un’altra realtà (il cerchio si fa simbolo) e guarda con interesse alla sfera della creatività infantile (l’immagine della barchetta ricorre di frequente nei disegni dei bambini, definiti da Bruno Munari “gli adulti di domani”).
Pur essendo in diversi casi la proposta visiva concettuale di Francesco Barilaro non immediatamente comprensibile, elaborando immagini di valenza simbolica rimandanti ad un significato altro rispetto alla mera figura, la presenza di elementi figurativi, così facilmente identificabili come la barchetta, denota anche un’intenzione a educare e sensibilizzare all’arte perfino giovani fruitori.
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